Alpe Cimbra, mille vacanze diverse all’ombra del drago
Borghi antichi, passeggiate nel verde aspettando la stagione dello sci, delizie nel piatto e tappe insolite: dalla ex base Nato al paese natale di Santa Paolina
Quando arriva la tempesta, puoi solo aspettare che finisca. Poi puoi scegliere come reagire. Marco Martalar, artista del legno di fama mondiale, ha reagito due volte. La prima volta creando un’opera indimenticabile, il Drago di Magré, alto più di 6 metri e lungo 7, realizzato con 2000 pezzi di radici degli alberi spazzati via dalla Tempesta Vaia nell’ottobre del 2018. Poi, quando il suo drago è stato bruciato per mano sconosciuta, realizzandone un altro ancora più bello, fiero e grande, rinato dalle sue stesse ceneri utilizzate nella nuova opera d’arte.
E’ il Drago Vaia Regeneration, il più grande d’Europa, che veglia maestoso sulla vallata in cima a Lavarone, sopra la frazione di Magrè. Il drago, accessibile solo attraverso un sentiero a piedi, è oggi il simbolo della resilienza di una terra, l’Alpe Cimbra, località Alpine Pearls diventata famosa soprattutto per la natura, ma che con un turismo ben consolidato (a Lavarone già soggiornava il padre della psicanalisi, Sigmund Freud) non ha perso la sua anima. Folgaria, Lavarone, Lusérn e Vigolana sono note come il paradiso del trekking, del golf e delle bike, fra attività che si snodano secondo il corso delle stagioni, con le passeggiate estive tra i boschi e i pascoli delle malghe, le foto al foliage autunnale e lo sci in inverno, un bianco luna park fatto da con 100 chilometri di piste, 18 skibar e rifugi, 150 maestri di sci e uno snowpark, ma anche 80 chilometri per chi ama rallentare con lo sci di fondo, le ciaspole, oltre al pattinaggio su ghiaccio o lo slittino.
2) La polenta di patate
Ma questo angolo di Trentino non ha perso la sua cultura, testimoniata dalla lingua dei Cimbri, che ancora si studia a Lusérn e a Lavarone, da un’enogastronomia che recupera piatti poveri come la polenta di patate, dalle tante sagre e attività, come il tombolo con la produzione del merletto, che ne raccontano storia e folclore. Da una storia di emigrazione che oggi riporta in queste valli un turismo di ritorno da Oltreoceano nel culto di Santa Paolina. E dalle sentinelle della storia, dal Forte Belvedere, in prima linea nella Grande guerra, alla misteriosa Base Tuono, strategica nella Guerra Fredda.
3) Passo Coe
Ma questo angolo di Trentino non ha perso la sua cultura, testimoniata dalla lingua dei Cimbri, che ancora si studia a Lusérn e a Lavarone, da un’enogastronomia che recupera piatti poveri come la polenta di patate, dalle tante sagre e attività, come il tombolo con la produzione del merletto, che ne raccontano storia e folclore. Da una storia di emigrazione che oggi riporta in queste valli un turismo di ritorno da Oltreoceano nel culto di Santa Paolina. E dalle sentinelle della storia, dal Forte Belvedere, in prima linea nella Grande guerra, alla misteriosa Base Tuono, strategica nella Guerra Fredda.
4) Nome in codice: “Base Tuono”
Sul Monte Toraro, a 1900 metri sul livello del mare, distante in linea d’aria 3 chilometri, c’era l’area di controllo, mentre 15 chilometri oltre, a Tonezza del Cimone, c’era l’area comando. “Tutto era funzionale alla sorveglianza dello spazio aereo del Brennero, considerato dalla Cia possibile corridoio d’attacco da parte del Patto di Varsavia”, spiega Maurizio Struffi, già vicesindaco di Folgaria, giornalista e scrittore, oggi direttore del parco museale di Base Tuono. “Per 25 anni questo fu considerato il più potente meccanismo difensivo della Nato nel mondo. Qui dovevano essere fermati i bombardieri nemici attraverso i missili intercettori terra-aria”. Smantellata come tutti i sistemi d’arma Nike (dal nome della dea della vittoria) col disgelo della fine degli anni Settanta, per decenni l’area è stata abbandonata, fino a quando nel 2010, 33 anni dopo la chiusura, un’intesa fra Comune di Folgaria, Aeronautica Militare, Provincia autonoma di Trento e Fondazione Museo storico del Trentino, si è cominciato a recuperare il materiale bellico per allestire un museo che ogni anno viene visitato da oltre 23mila persone. Una testimonianza senza uguali in Europa (l’unico museo simile è a San Francisco) della drammaticità di quegli anni, fra missili e hangar oggi all’ombra della bandiera della Pace.
5) Forte Belvedere e l’orrore della guerra
A Lavarone, a strapiombo sulla Val d’Astico, questa gigantesca struttura è visitata ogni anno da 28mila persone, che hanno la possibilità di comprendere, grazie ad alcune installazioni multimediali ma anche spettacoli a più voci come le “Sentinelle di Pietra”, le atroci esperienze della Grande guerra. Fu progettato dal tenente del Genio ingegner Rudolf Schneider e realizzato tra il 1908 e il 1912, poco lontano dall’abitato di Óseli, su uno sperone di roccia calcarea (a quota 1177 metri) che sporge a strapiombo sulla vallata che all’epoca sanciva il confine di stato fra Regno d’Italia e Austria-Ungheria. Per resistere ai più pesanti bombardamenti, fu dotato di una copertura di oltre due metri e mezzo di calcestruzzo, nel quale fu inserito un triplo strato di putrelle d’acciaio. Concepito, come le altre fortezze degli Altipiani, per resistere in assoluta autonomia a bombardamenti che potevano durare per giorni e giorni, disponeva di ampi depositi, di un acquedotto munito di potabilizzatore, una centrale elettrica interna, un pronto soccorso, una centrale telefonica e una stanza di telegrafia ottica per comunicare con l’esterno. La guarnigione era composta da 160 Landsschützen (1° reggimento) supportati da 60 territoriali. Oggi, restaurato e arricchito da una serie di installazioni multimediali interattive che rievocano scene di vita quotidiana all’interno della struttura durante il conflitto, punta a stimolare un’esperienza emotiva che vuole far riflettere sull’orrore di una delle guerre più sconvolgenti di sempre e lanciare un monito di pace alle nuove generazioni.
6) Lusérn e i Borghi più belli d’Italia
Benvenuti nella terra dei Cimbri, antica popolazione germanica arrivata in questa terra intorno all’anno Mille. Luserna, con 268 abitanti e le sue case antiche e colorate a 1333 metri d’altezza a picco sul Veneto, è entrata nel novero dei Borghi più belli d’Italia. Rappresenta l’ultima comunità germanofona più meridionale d’Europa: l’antico dialetto bavarese oggi è parlato ancora solo da 600 persone al mondo, e qui lo usa il 70 per cento della popolazione. Qui è possibile visitare il museo che racconta la lingua e gli usi, l’arte del tombolo e la natura con il ritorno del lupo, oltre a una casa museo del 1600 con la tipica struttura in pietra. A pochi passi di distanza, l’istituto Cimbro e la scuola, dove la lingua germanica viene ancora insegnata ai bambini fino a 6 anni.
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