Alpe Cimbra Homepage.Blog.FORTE BELVEDERE GSCHWENT: A LAVARONE, IN TRENTINO, IL VECCHIO AVAMPOSTO AUSTRO-UNGARICO DELLA GRANDE GUERRA È OGGI UN ALFIERE DI PACE
FORTE BELVEDERE GSCHWENT: A LAVARONE, IN TRENTINO, IL VECCHIO AVAMPOSTO AUSTRO-UNGARICO DELLA GRANDE GUERRA È OGGI UN ALFIERE DI PACE
"TurismoItaliaNews.it" - 8 novembre 2022
Oggi le bandiere degli Stati un tempo nemici sventolano insieme sotto l’egida del vessillo dell’Unione Europea. Il vento che accarezza le Alpi è diverso da quello che agitava questi luoghi di confine durante la Grande Guerra. E vengono i brividi nel pensare a tutto quello che è accaduto qui dentro e tutt’intorno, quando uomini si opponevano ad altri uomini nel peggiore dei modi. Tragicamente, perché l’obiettivo principale non era conquistare le posizioni dell’avversario, quanto impegnarlo a fondo per prosciugare le sue risorse umane e di mezzi. Andare al Forte Belvedere Gschwent sulle montagne di Lavarone, in Trentino, è irrinunciabile, soprattutto quando tuonano folli tamburi di guerra. Capire, per non commettere altri errori.
(TurismoItaliaNews) I colori delle Alpi che abbracciano questa parte del Trentino sono meravigliosi, soprattutto in autunno, quando il foliage rende il paesaggio un’immensa tavolozza. Quando parliamo di Grande Guerra siamo abituati a pensarla in bianco e nero, perché queste sono le immagini che la storia e la documentazione dell’epoca ci hanno tramandato. Forse giustamente, perché non c’è nulla di più grigio e di più nero di una guerra. Eppure, a ben guardare, questi meravigliosi colori delle Alpi che ci ammaliano oggi, sono gli stessi che tutti i soldati delle parti belligeranti avevano di fronte. Con la differenza che in quel momento non c’era tempo per apprezzarli.
Se oggi la bellezza da Forte Belvedere è a 360 gradi, non era così nell’estate del 1914, quando scoppia la Prima Guerra Mondiale, preceduta da una serie di preparativi e movimenti tattici. Come la costruzione di questo forte da parte degli Austro-ungarici tra il 1909 e il 1912, con il compito principale di sorvegliare la Val d’Astico. Si voleva così contrastare una possibile penetrazione italiana attraverso la valle e anche se questo non si è mai verificato, il forte è stato comunque oggetto di pesanti bombardamenti. Collocato su un contrafforte roccioso a 1.177 metri di quota, in quel momento era a metà della linea difensiva degli Altipiani con Forte Spitz Vezzena, Forte Verle e Forte Campo di Luserna ad est ed i forti Cherle, Sommo Alto e Dosso delle Somme ad ovest. “La certezza delle grandi capacità difensive del Forte aveva fatto coniare alla guarnigione il motto ‘Per Trento basto io’. Per la sua costruzione oltre alla tradizionale pietra si utilizzò in maniera massiccia il cemento armato e l'acciaio” si apprende durante la visita.
Appena si entra, si ha come la sensazione di varcare una star-gate, o forse la porta dell’inferno. Le mura fredde, l’umidità e i rumori della ricostruzione multimediale del luogo ti catapultano davvero indietro nel tempo, in modo da capire meglio cosa sia stata la guerra e cosa sia ancora adesso in alcune parti del mondo. Cercare di immedesimarsi nei tanti che erano costretti a stare lì dentro e a sparare a qualsiasi cosa si muovesse nei dintorni. “Forte Belvedere vanta ogni anno più di 28.000 visitatori, che hanno la possibilità di comprendere, grazie ad alcune installazioni multimediali, le atroci esperienze della grande guerra” ci dicono. L’impressione è tanta, l’orrore pure. E viene la pelle d’oca, perché non siamo nella location di una fiction: è uno spaccato di vita reale del passato. I cimeli esposti contribuiscono ad arricchire il quadro.
Il forte, conquistato poi dagli Italiani, è diventato “museo di se stesso” per esibire e svelare le sue molteplici funzioni belliche, come i cunicoli che portano alle casematte avanzate e al blocco batterie parzialmente ricostruite, o il ben individuabile sistema dell’osservazione ottica che, attraverso i residui di una rete di comunicazione semplice ma efficace (a lampi di luce), consente di rendersi visivamente conto della stretta connessione del sistema dei forti degli Altipiani. La fortezza è complessa: era infatti costituita da una casamatta principale su tre piani che ospitava le camerate e i servizi necessari per i circa 220 soldati della guarnigione; tre fortini avanzati muniti di mitragliatrici protette da scudi blindati; una batteria con tre obici protetti da cupole corazzate girevoli. L'intera costruzione ha uno sviluppo di circa 200 metri in lunghezza e 100 metri in larghezza; tutte le postazioni sono collegate da gallerie scavate nella viva roccia tuttora perfettamente agibili. Tra tutte le fortezze che componevano la “cintura di ferro degli altipiani” è l’unica a conservarsi ancora pressoché integra nella sua forma e struttura originarie.
Restaurato nel 1996, il Comune di Lavarone ha acquistato il forte (con il determinante contributo della Provincia Autonoma di Trento) e contemporaneamente ha varato una serie di progetti per l’ulteriore valorizzazione della struttura, prevedendo un restauro conservativo, con il ripristino della copertura originale in zinco, la sistemazione dei solai e una completa opera di risanamento del sito. Le opere militari sono in tal modo tornate a vivere, animate però da suoni che vogliono segnare definitivamente la scelta della pace e della vita. Il progetto si chiama “La Fortezza delle Emozioni: ambienti sensibili multimediali per architetture di guerra in tempo di pace”, inserito nel programma “Trentino. Dalla Guerra alla Pace”, ovvero un sistema articolato di installazioni interattive finalizzate a valorizzare lo straordinario patrimonio di memorie ancora “custodite” da questa fortezza e realizzato da Studio Azzurro, una delle realtà internazionali più accreditate nel campo dei linguaggi innovativi e del rapporto tra cultura, arte e nuove tecnologie. Il tutto sull’idea e l’impegno di un team guidato dall’Azienda per il Turismo di Folgaria, Lavarone e Luserna e composto anche dagli assessorati provinciali al Turismo e alla Cultura, dalla Trentino Spa, dai tre Comuni del territorio, dalla Fondazione che gestisce il forte.
“L’impegno della Fondazione Forte Belvedere Gschwent nel tramandare questa triste storia del nostro passato – si tiene a spiegare - è volto a sensibilizzare i visitatori verso una visione di Europa e di umanità, capaci di affrontare le difficoltà senza più dover ricorrere alle armi. Per non dimenticare le atrocità del passato e per costruire assieme un futuro di pace, vi invitiamo a seguirci e a venirci a trovare”. Parzialmente recuperati nell’ambito della realizzazione del Sentiero della Pace, i forti degli altipiani sono oggi mèta di passeggiate ed escursioni panoramiche. Dato il loro significato storico e culturale, sono inoltre inseriti in specifici percorsi tematici come il Sentiero della Pace, il Trekking dei Forti, il Fortezze Bike Tour (mtb), il percorso permanente 100 Km dei Forti (mtb) e il Trekking degli Eroi.
L’antefatto. In vista del conflitto con l’Italia, tra il 1908 ed il 1914 gli austro-ungarici realizzarono sugli altipiani di Folgaria, Lavarone, Luserna e Vézzena sette opere fortificate: Forte Cima Vézzena, Forte Busa Verle, Forte Lusérn, Forte Belvedere Gschwent, Forte Cherle, Forte Sommo alto e Forte Dosso del Sommo. La loro funzione principale era quella di impedire un tentativo di sfondamento italiano dal Veneto e di costituire nel contempo un punto di forza dal quale lanciare un’offensiva che portasse le truppe imperiali nella pianura vicentina, alle spalle dell’esercito regio. Nello stesso periodo, sull’altra linea del fronte gli italiani non rimasero con le mani mano: a contrastare i forti austro-ungarici degli Altipiani furono realizzati Forte Cima Verena, Forte Campolongo e Forte Campomolon.
Altri forti italiani arretrati furono costruiti sull’altopiano di Asiago e in Val d’Astico. Sull’altopiano di Folgaria, Forte Cherle (a 1.445 metri) controllava l’accesso dall’altopiano dei Fiorentini, Forte Sommo alto (1.614 m) teneva sotto controllo gli accessi da Val Orsara e da Passo Coe e Forte Dosso del Sommo (1.670 m) controllava l’accesso dal Passo della Borcola e la sottostante Val di Terragnolo, via di avvicinamento alla città di Rovereto. Usciti dalla guerra danneggiati ma sostanzialmente integri, nel 1936 i forti degli Altipiani furono demoliti e ridotti in rovina, nell’ambito della campagna fascista Ferro alla Patria. Dalla furia distruttiva si salverà solo Forte Belvedere Gschwent di Lavarone.
Lavarone fa parte del più ampio territorio dell'Alpe Cimbra, in Trentino, Perla delle Alpi e habitat ideale per escursioni di ogni difficoltà: varietà di percorsi dalle camminate più semplici immerse nei pascoli e nelle immense distese boschive, alle vie alpinistiche più impegnative come il massiccio dolomitico della Vigolana, Pasubio e del Becco di Filadonna.
di Giovanni Bosi
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