10.02.2020 - I loro costumi sono quelli della montagna, pratici e poco appariscenti, anche i cibi rispecchiano il mondo di chi vive le terre alte, semplicemente si fa di necessità virtù, di musiche e di danze originali non se ne conoscono e il legno serve loro solo per il fuoco nelle lunghe notti invernali, eppure questa popolazione ruvida, austera, abituata all’essenziale, conserva un tesoro di inestimabile valore; conserva le storie e una lingua adatta per raccontarle.
La lingua cimbra è un insetto chiuso in una goccia d’ambra, viene a noi da un passato lontanissimo e, meraviglia, l’insetto può volare, la lingua cimbra è viva e non c’è altra lingua al mondo capace di raccontare meglio le antiche storie di questo popolo che, da sempre, se le tramanda di generazione in generazione.
Il cimbro è una lingua germanica databile tra l’XI e il XII secolo. Studiare la lingua cimbra per i germanisti è come per un paleontologo poter studiare i dinosauri.
Molti racconti delle genti cimbre non trovano riscontro nella tradizione alpina, sono del tutto originali, hanno caratteristiche che li rendono unici, vi si leggono in controluce antichi credi precristiani, un animismo, forse ingenuo, ma sincero e profondo.
Un tempo, dice la leggenda, quando tutto al mondo parlava, non solo le persone e gli animali, ma anche le pietre e gli alberi, soprattutto gli alberi ai quali questo popolo è intimamente legato, un uomo che stava spaccando legna per il fuoco si sentì rimproverare: “Tagliami a tronchetti rotondi, non a scaglie”, l’uomo ci mise un po’ a comprendere che era la legna a parlare, ma una volta compreso non si spaventò, anzi, diligentemente ubbidì.
Poi, dice ancora la leggenda, dopo il grande Concilio di Trento, ogni cosa venne benedetta e smise di parlare.
Già raccontare questa semplice storia in italiano presenta qualche difficoltà, perché la lingua italiana non ha i nomi per i cinque modi in cui un pezzo di legna può essere tagliato.
È così anche quando bisogna raccontare della neve, che viene chiamata in modo diverso per ogni stagione; in cimbro non serve specificare l’intensità della nevicata perché vi è un nome preciso che la indica, dal baluginare dei primi fiocchi, che non arrivano neppure a toccare per terra, sino alla più intensa delle nevicate, nell’ordine: vèlmesen, frössln, roinen, snaim, bint un snea.
Ti potrebbe interessare: SENTIERO DELL'IMMAGINARIO