17.04.2017 - Nel villaggio di Carbonare, che sta ai piedi della montaga viveva invece una donna con il suo bambino.
Era molto povera e possedeva solo una pecora. Preoccupata per i freddo che presto sarebbe giunto, tosò la lana della sua unica pecora, la mise in un sacco e si avviò per il ripido sentiero che sale la montagna.
Giunta sulla sommità, dove stava la casa di roccia della filatrice, bussò al portone.
La signora aprì e senza dire una parola prese il sacco di lana che la povera donna le porgeva. ‘È per fare un maglione che tenga caldo al mio bambino’, le disse prima che costei chiudesse il portone, ‘torno tra qualche giorno a prenderlo’.
Senza aver avuto alcuna risposta la donna ridiscese il monte e tornò a Carbonare.
Passarono alcuni giorni. Da nord spirava un vento freddo e scure nubi giravano attorno alla vetta.
Allora la povera donna riprese la via del monte. Giunta faticosamente in cima, bussò forte alla porta della filatrice.
Ma non ottenne risposta, nessuno giunse ad aprire l’uscio. Delusa e preoccupata tornò a valle. Passarono altri giorni e il freddo si faceva sempre più intenso.
Allora risalì sulla montagna e ancora bussò forte, più e più volte. Ma ancora non ottenne risposta. La povera donna era decisa a rimanere sul posto, a bussare e ribussare finché la filatrice non le avesse finalmente aperto.
Ma dal cielo presero a cadere i primi fiocchi di neve e dunque si rese conto che se non si fosse affrettata non sarebbe riuscita a tornare a casa.
Disperata, avendo perso ogni speranza, amareggiata al pensiero del gran freddo che avrebbe sofferto il suo bambino, prese la via del ritorno.
Dio, dall’alto del Cielo, vide quello che era successo. Vide il cuore di pietra della filatrice e, adirato, la punì, trasformando lei e la sua casa in un’alta rupe. Fu così che sulla sommità della montagna apparve un nuovo profilo di roccia, che la gente di Carbonare chiamò, da allora, Bècco di Filadonna.
La leggenda si raccontava un tempo, nelle fredde sere d’inverno, nei filò, nelle stalle, al tepore delle mucche.
Oggi pochi la conoscono. Tutti però conoscono il Bècco di Filadonna, spesso coperto di neve fino a primavera inoltrata, meta di bellissime escursioni.
Del resto ne vale la pena. Da lassù, dai suoi 2150 m di quota, si ha uno dei più bei panorami del Trentino, lo sguardo corre sulle cime che fanno da corona all’Alpe, sulle Dolomiti di Brenta, sui monti che fanno da cornice al lago di Garda. È la bellezza e il fascino della montagna.
E se vogliamo regalarci un trekking, possiamo proseguire il nostro cammino e raggiungere il nuovo bivacco SAT della Vigolana, sempre aperto e munito di sei cuccette e angolo cucina. Pernottare a oltre 2000 metri, ascoltando il sibilo del vento è senz’altro un’emozione… da provare!
Da soli, in compagnia o con le guide alpine.
Possiamo raggiungere il Bècco di Filadonna seguendo, da Folgaria, i percorsi trekking 425 - 451, oppure, da Carbonare/Lavarone, il percorso 442 (da località Sindech), tutti ben segnalati.
Si tratta di escursioni di un certo impegno per cui consigliamo di programmare bene i tempi (mettere in conto una giornata intera), la forma fisica (dislivello di circa 900 m), una buona dotazione d’acqua, abbigliamento adatto (a quelle quote il tempo cambia repentinamente) e un cappello per proteggersi dal sole.
Da valutare anche la possibilità di farsi accompagnare da una delle nostre guide alpine, veri professionisti della montagna. Vi porteranno sulle vie più sicure e vi racconteranno le mille storie che circondano la grande montagna.