Ma oggi, “il
John” non è più solo questo! Alla classica offerta è infatti stata affiancata l’atmosfera di un minuscolo ed elegante ristorante gourmet – la Stua del John – che, con meno di una trentina di coperti, da forma alla novità ristorativa che ancora mancava nella località dell’
Alpe Cimbra: a dirigerne la regia,
Paolo Cappuccio, chef partenopeo purosangue e già
Stella Michelin nel 2009 al BioHotel Hermitage di Madonna di Campiglio che, tra una collaborazione e l’altra, ha colto una nuova sfida, portando la sua idea di cucina sana e leggera. Un antitesi, ammettiamolo, per i canoni classici gastronomici montani che, grazie all’”uragano” Cappuccio, accettano la sfida di un
approccio pulito e sincero, in cui qualità e delicatezza sottraggono il ruolo principale a canederli, spezzatini e polenta, anteponendo una leggera
qualità al concetto di quantità.
Uno “
Chef nomade gourmet”, come ama definirsi che si racconta attraverso una
cucina buona, bella e sana. Una cucina che abbraccia innanzitutto la
tradizione di casa – quella mediterranea – ma che non rinuncia a curiosità e creatività attraverso contaminazioni e abbinamenti con piccole grandi eccellenze locali.
Prende così forma una carta che si articola con il giusto numero di proposte coerenti con il progetto e il suo artefice.
Tra gli antipasti, non può mancare il
Fois gras, (a cui, tra l’altro, Cappuccio ha dedicato un Opera:
Carne e Fois Gras – Tecniche di cottura e design del piatto) che lo Chef propone in un susseguirsi di versioni, come la recente Creme brulè alla mela verde con fois gras croccante, esprimendo il ludico desiderio di giocare tra dolce-salato e, senza paura alcuna di confondere i sensi con l’apparente incoerenza di un fine pasto che, nella realtà gustativa, seduce, giocando un tête-à-tête coinvolgente con palato e gusto. Bella l’idea della
Tartare di manzo biologico trentino affumicata al tavolo e servita con uovo di quaglia e tartufo.
Interessante anche la creatività di pesce, come il
Bianco e Nero di seppia o il Baccalà mantecato con croccante di patate, emulsione di spinaci e noci che ci confermano come fibre e frutta secca tornino sempre nel piatto dello Chef Cappuccio – non solo per un risultato legato a gusto e consistenza, ma anche e fortemente per l’aspetto nutrizionale.
Ottime le paste ripiene: da “bis” i
Tortelli al pizzico ripieni di salmone fumé con emulsione di piselli al wasabi che, se solo spingessero un filo in più l’acceleratore sulla nota piccante, raggiungerebbero la perfezione di equilibrio e piacere; validi anche i
Tortelli di semola di grano duro ripieni di brasato, porcini, timo e Trentingrana, peccato di gola ed evidente inno al
Territorio.
Buoni e armonici i primi, dove terra e mare flirtano senza tabù, sia nel caso dei
Ravioli di grano saraceno ripieni di magro e serviti con juce di crostacei, o in Come una zuppa di lenticchie Beluga, scampi e pancetta. Gradino più alto per il Risotto vialone nano mantecato ai carciofi e maggiorana con seppie soffici marinate all’olio del 46° parallelo e pepe di Sarawak. Scelta condivisibile o meno, pane e grissini realizzati in casa vengono serviti a metà pasto, affinché l’appetito e l’esperienza degustativa non vengano intaccati prima che il percorso inizi.
Interessanti anche i secondi: delicato i
l Non bollito di carni nostrane, servito con la piacevole affumicatura delle verdure; emozionante e afrodisiaca la
Ricciola d’altura arrostita con dressing di riccio, intingolo di pane al timo e piccoli ortaggi di stagione.
Plauso speciale per i dessert, dove lo Chef Paolo Cappuccio cala l’asso e mostra come – nelle sue mani – bontà e salute siano davvero inscindibili: sia per lo straordinario predessert,
Mela verde in tre consistenze, vera e propria esaltazione di materia e freschezza; sia per la
Trasparenza di cioccolato Valrhona pere e vaniglia, sintesi di piacere in sole 80 calorie.
Raccomandata la scelta di una delle due proposte a degustazione: menù degustazione carne KM Italia (7 corse a 65 €) e Mediterraneo in Alta Quota (8 a 80 €)
A fare le veci dello “Chef nomade gourmet” durante sue innumerevoli consulenze o progetti in esterna, il suo secondo Domenico Lo Muscio che, con disinvoltura, giuda la cucina e dialoga con la Sala coordinata con entusiasmo dal Maître Tommaso Marangi.
Un ristorante da provare e che al momento rappresenta la proposta sicuramente più interessante (e digeribile) di
Folgaria. Poiché, spesso, scegliere l’alternativa, rappresenta la mossa vincente.
photo credits © Lucio Elio
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