12.04.2016 - Di certo ci scrutano, apparentemente indifferenti alla nostra guerra. È una faccenda che sembra non le riguardi. Però quando gli italiani tirano sul forte, sopra di noi, non si fanno vedere. L’aria vibra, trema e i boati rimbombano nello stomaco. Di certo per loro sono suoni insopportabili, rumori incomprensibili.
Giorni fa sono passate basse, sopra i roccioni.
Stavo con Hans, all’osservatorio N. 17. Fumavo una sigaretta, dopo tanta nebbia e umidità mi stavo godendo un po’ di sole caldo. Lui invece controllava la valle col binocolo, teneva d’occhio i «Katzelmacher», gli italiani, annidati tra le vecchie case di Piazza, a vedere che a qualcuno di quelle teste calde non venisse in mente di tentare l’impossibile. Non sarebbe stata la prima volta.
Ed ecco che lo vedo allungare la mano e prendere svelto il suo Mannlicher a canna lunga, subito in posizione di tiro. Italiani? Chiedo tirandomi su di scatto. No, no, dice lui, aquile.
Ma che fai! Gli dico io spingendogli via il fucile, non si spara alle aquile! Lui lo sa che non si deve sparare alle aquile. Porta male, dicono che porti male, nessuno spara alle aquile. È stato zitto, non ha ribattuto e ha abbassato il mirino. Loro sono passate, maestose, come sempre.
Per rincuorarlo gli ho passato una sigaretta. Prima della guerra, a Schwaz… mi ha detto, ci sono andato a caccia di aquile. Da noi si usa, fa effetto sulle ragazze tornare con l’aquila uccisa, appesa allo zaino.
Non mi piace questa cosa, ma non gliel’ho detto, ho fatto finta di non sentire e ho continuato a seguire il volo. Sono scese veloci sopra Serrada poi hanno fatto una virata larga e hanno preso a salire, sempre più in alto, a giri ampi e regolari. Arrivate in quota hanno puntato decise verso il Pasubio. Poi le ho perse di vista.
È stato allora che sono sbucati i due Caproni. Sono arrivati da dietro lo Zugna, riempendo la valle del loro rombo cupo. Abbiamo puntato i binocoli.
Non ci fanno paura. Non si abbassano sopra di noi, non ci mitragliano. Stanno in alto, scattano foto, ci controllano. Siamo noi piuttosto che cerchiamo di tirarli giù.
Ho visto chiaramente gli sbuffi del cannoncino del Finonchio, entrato subito in azione, e subito dopo ho sentito i colpi del cannoncino di Serrada.
Diversi colpi, in successione. Inutile, non li beccano mai. I proiettili sono esplosi attorno, bassi, troppo bassi. Li ho guardati avvicinarsi. Quelli sì che li tirerei giù volentieri. Ho puntato il mio fucile, ho preso la mira e… con la bocca ho fatto pum! pum!
Hans si è messo a ridere. E mi ha dato una manata, mi ha fatto volare il cappello oltre la trincea… il cacciatore di aquile!