Star Trekking. Le bionde dell'Adamello by touringmagazine.it

10.09.2019 - "Ho fatto trekking con uomini e con donne, con bambini e con vecchietti, con asini e con cani. Questa è la prima volta che l’ho fatto con caprette. C’è sempre una prima volta" - tratto da touringmagazine.it

Appuntamento a Maso Guez, a San Sebastiano (Tn), alle 10.30. Guez vuol dire capra, in dialetto. Mi aspettano le Bionde dell’Adamello, specie in via di estinzione. Simpatiche, allegre. Ogni tanto si prendono a cornate, così, cordialmente, tanto per ricordare le gerarchie. Con i bambini sono dolci, affettuose e tranquille. E di bambini, in questo trekking speciale, ce ne sono molti. La più simpatica e anche la più elegante fra le capre è Brunilde. Begli occhi, bel pelo, andamento autorevole. Fra parentesi: le capre non puzzano. Puntiamo in direzione di Tezzeli, un paesino vicino alle sorgenti dell’Astico, trentatré abitanti più quelli del weekend. Le dodici caprette vanno avanti e noi le seguiamo, docili come loro.

Ci guida Andrea, 27 anni, laureato in storia e filosofia che ha scelto la più romantica professione del pastore e ha convinto anche il padre, Serafino, la madre, Morena, il fratello, Simone, a seguirlo in questa avventura appassionante, fatta di sveglie mattutine, per mungere, e di stretto rapporto con la natura. Nel paese, dopo le prime curiosità e i primi stupori, adesso gli abitanti li hanno adottati. I quotidiani locali dedicano pagine ad Andrea, facendo grandi titoli sul “filosofo pastore”. Andrea fa il pastore, ma anche il casaro e l’accompagnatore turistico. è gentile con i bambini come lo è con le capre. Conosce la storia e le scienze. Spiega con pazienza che le capre furono i primi animali, subito dopo i cani, a essere addomesticati. Racconta che esistono grafici che dimostrano che in queste valli, dodicimila anni or sono, i pastorelli portavano le caprette al guinzaglio. Lui lo ha scoperto frugando nell’archivio storico del comune di Folgaria.

Procediamo lungo un sentiero in un bosco fitto di faggi. Qualche ramo pieno di foglie di noccioli selvatici, di cui le capre sono ghiotte, aiutano i bambini a fraternizzare e a giocare con loro. Le capre, pazienti, si fanno fare di tutto. Incontriamo torrenti, prati, ponticelli, funghi. E arriviamo a Tezzeli. Le capre restano fuori del paese, parcheggiate in una radura. Gli abitanti di Tezzeli non gradiscono la visita degli animali anche perché i gerani sono un ottimo dessert del loro pasto quotidiano. Andrea e Serafino approfittano della sosta per raccontare storie, favole, aneddoti. Raccontano di povertà e di emigrazioni, di antichi cibi e di tradizioni. Raccontano del dialetto locale, lo slambrot, e di qualche parola sopravvissuta. Raccontano dei prati talmente ripidi che non li si può sfalciare se non con piccoli robot. Andrea racconta di quando, agli inizi, si affezionava tantissimo alle sue caprette, quasi innamorandosene. Come con Dirce. Quando Dirce morì Andrea rimase talmente male che decise che da allora in poi avrebbe mantenuto un certo distacco. «Con Dirce avevo esagerato», racconta Andrea. «Io le parlavo e lei rispondeva».

Siamo arrivati. Foto di gruppo. Caprette, bambini e genitori. Visita al piccolo caseificio. Assaggi del formaggio, caciottine, ricotte. Acquisto delle uova. I bambini ammirano sorpresi le uova colorate. Non sono uova pasquali dipinte. è un fenomeno naturale causato dal fatto che Andrea dà loro da bere il caglio del latte di capra. Diventano uova rosse, gialle, verdi. Uova arcobaleno, le chiama.
 
 
 
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