Sono sette Forti della Prima Guerra Mondiale: Forte Cima Vézzena, Forte Busa Verle, Forte Lusérn, Forte Gschwent Belvedere, Forte Cherle, Forte Sommo Alto e Forte Dosso del Sommo. Queste opere furono costruite in Trentino, tra Folgaria, Lavarone e Lusérn, dagli austro-ungarici e dislocate lungo una linea di 30 km. Il 24 maggio del 1915, ci fu quella che è stata denominata la “guerra delle Fortezze”, durante la quale un mare di fuoco si riversò sui forti austro-ungarici.
Forte Cima Vézzena, soprannominato come "occhio degli Altipiani", fungeva principalmente da osservatorio. Era armato con mitragliatrici in cupole corazzate fisse e girevoli e fu ricavato scavando nella roccia della montagna.
Forte Busa Verle, che lavorava "in coppia" con Cima Vezzena, svolgeva l'importante compito di sbarrare l'accesso agli Altipiani della Val d'Assa. Durante la guerra, sfruttò i suoi 4 obici da 100 mm, 4 da 60 e 2 da 80 per decimare l'esercito italiano, ma subì pesanti bombardamenti.
Forte Gschwent-Belvedere di Lavarone è l'unico forte a non essere stato distrutto, in quanto Vittorio Emanuele III decise di lasciarlo intatto come simbolo di quella tragica guerra. In questo forte vigeva un motto che recitava “Per Trento basto io” e tenne fede a queste parole in quanto non subì attacchi diretti. Attualmente questa fortezza ospita un museo.
Forte Werk Lusérn era il pilastro della "trincea d'acciaio", assieme al forte-osservatorio di Vezzena. La "trincea d'acciaio" era un sistema difensivo che, durante un assalto frontale dell'esercito italiano, privò della vita ben 1048 soldati. “Per Trento basto io”.
Forte Cherle, dotato di 6 obici da 100 mm montati su torrette girevoli, di un osservatorio blindato, di 2 cannoni da 60 mm e di una serie di postazioni per mitragliatrice, era il terzo caposaldo armato dell'altopiano.
Forte Sommo Alto e Forte Dosso delle Somme, assieme a Forte Cherle, andavano a completare il quadro armato a difesa degli altopiani.
Oggi è possibile visitare questi luoghi intraprendendo degli itinerari a piedi o in bicicletta – il più famoso itinerario è la 100 km dei Forti – oppure visitando il museo Forte Gschwent-Belvedere di Lavarone.
Si pensava sarebbe durata poco, durò invece quattro lunghi e interminabili anni e molti, troppi, non fecero più ritorno.
Nel maggio 1915 il conflitto giunse anche su queste montagne e la nostra gente fu mandata profuga negli sperduti paesi della Boemia, della Moravia, dell'Austria Superiore e Inferiore, nelle cosiddette "Città di legno".
A cento anni di distanza non celebriamo quell'evento ma lo ricordiamo, per non dimenticare.
Maggior informazioni a cura di Fernando Larcher